“La comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica.”
[Papa Francesco – XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 23/01/2014]
La comunicazione rappresenta un’importante “arma” per la credibilità dell’allenatore, in quanto figura che svolge un ruolo di leadership all’interno di un gruppo. In questo caso, per comunicazione, si intende l’abilità di inviare messaggi che stimolino autonomia e collaborazione.
Ma come possiamo comunicare più efficacemente? Come possiamo far si che i messaggi che inviamo attraverso la comunicazione verbale siano recepiti al meglio?
La comunicazione, verbale in questo caso, ha alcune caratteristiche che definiscono, per noi Tecnici, delle vere e proprie linee guida d’azione:
Essere diretti
Esprimere ciò che si vuole esprimere in modo affermativo (evitando la negazione “non”), con frasi brevi e al presente.
Essere completi e specifici
Caratteristica che si ritrova soprattutto nei feedback di correzione: essi infatti devono essere specifici (relativi alle azioni che i giovani calciatori hanno appena effettuato) evitando generalizzazioni del tipo: “non passi mai la palla… sei sempre il solito”.
Separare i fatti dalle opinioni
Ciò che si comunica deve riferirsi solamente a quanto è accaduto. Per esempio: “In quest’ultimo passaggio non ha calciato la palla con abbastanza forza (fatto), si vede che non eri concentrato o pensavi ad altro (opinione)”. Dopo aver evidenziato il fatto sarebbe stato più corretto chiedere il parere del giovane calciatore ed, eventualmente, solo in seguito confrontare le idee del bambino/a con la propria interpretazione.
Essere incoraggianti
I messaggi forniti dal coach devono avere l’obiettivo di sostenere o incrementare l’impegno e la motivazione verso l’attività.
Essere appropriati
L’obiettivo della comunicazione dell’allenatore è quello di farsi capire dai suoi bambini/e, motivo per cui deve adeguare il suo linguaggio alle caratteristiche (età, livello di abilità e conoscenze) del proprio gruppo. Il tecnico dovrebbe chiedersi: “Mi esprimo per farmi comprendere o penso che in ogni caso devono capire?”
Inoltre, quanto espresso in forma vocale deve essere assolutamente coerente con quanto esprime la comunicazione non-verbale. In questo senso, si fa riferimento al come viene trasmesso il messaggio.
Il comportamento non verbale si compone di due aspetti in particolare: il paralinguaggio e il linguaggio del corpo.
Nel primo caso, si fa riferimento alle componenti vocali del linguaggio (indipendenti dal significato del messaggio, proprio della comunicazione verbale). Rientrano in questo ambito il tono di voce e la frequenza delle parole.
Un tono di voce basso, ad esempio, suggerisce attenzione e comprensione, ma può anche essere un’espressione di insicurezza quando la situazione richiederebbe un altro tipi di comunicazione. Inoltre, parole ben scandite e con la giusta frequenza vengono facilmente comprese a discapito di una comunicazione basata su parole che escono a mitraglia.
Il linguaggio del corpo riguarda, invece, i comportamenti che si accompagnano all’espressione linguistica. Il corpo comunica efficacemente quando i segnali che provengono dal corpo stesso hanno lo stesso significato.
Ad esempio, i giovani calciatori percepiscono interesse quando si sentono incoraggiati a parlare. Questo incoraggiamento viene fornito attraverso il linguaggio parlato ma anche con il linguaggio del corpo, attraverso ammiccamenti, sguardi, cenni affermativi del capo, ecc.
Diventa quindi importante mantenere il contatto visivo con i bambini/e, contatto che deve essere frequente ma non costante, per evitare di suscitare imbarazzo.
Il corpo, inoltre, deve essere utilizzato in maniera consapevole, orientandosi verso l’atleta che parla, facendo frequenti e regolari cenni con il capo, evitando di incrociare le braccia, avvicinandosi al giovane calciatore se si vuole manifestare un maggiore interesse.
Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano.
[Paulo Coelho]