E’ online il quarto appuntamento con le interviste targate Football Idea!
Ogni settimana incontreremo un addetto ai lavori di una società professionistica, il quale ci illustrerà la realtà in cui lavora.
Stamane siamo sbarcati in Lombardia per incontrare Andrea Biffi, allenatore u8 e collaboratore area scouting attività di base AC MONZA.
Ciao Andrea, benvenuto su Football Idea e grazie per aver accettato il nostro invito.
Prima di iniziare vorremmo che ci parlassi un po’ di te: quando e dove hai mosso i primi passi nel mondo del calcio?
Buongiorno a voi e grazie per lo spazio concesso, seguo sempre con molto piacere Football Idea perché credo fortemente che il costante aggiornamento debba essere una prerogativa dell’allenatore moderno che lavora “per” i propri allievi.
Come giocatore ho bazzicato qua e là nelle squadre del mio paese arrivando a giocare tra la vecchia promozione di allora e l’eccellenza.
Ma fu a 16 che venni totalmente folgorato, quando mia mamma (all’epoca responsabile di una scuola calcio) per tenermi fuori dai guai mi mise in campo a fare da aiutante all’allenatore dei Pulcini.
Da allora tutto cambiò, giocavo quattro giorni a settimana e allenavo i restanti tre.
Ma la svolta avvenne intorno ai 21 anni, quando smisi di giocare (troppi infortuni alle caviglie) e mi dedicai solamente all’insegnamento.
Venni avvicinato da Mauro Bianchessi all’epoca Responsabile Selezioni dei piccolissimi dell’Atalanta e da lì in poi fu amore a prima vista.
Mi fece fare una gavetta impressionante nei 7 anni atalantini: segnalatore di zona, osservatore, arbitro delle selezioni, allenatore delle selezioni, allenatore in seconda e finalmente dopo tanti sacrifici allenatore in prima della squadra più giovane del settore giovanile orobico.
Quegli anni furono per me una vera e propria scuola.
La storia recente mi ha poi visto lavorare 12 anni al Milan e 2 a Lugano ed infine qui a Monza, sempre con i più piccoli tra campo e scouting.
Senza ombra di dubbio sei uno dei tecnici più apprezzati in ambito giovanile, tanto che molti addetti ai lavori ti riconoscono una sorta di “pensiero Biffi”.
In cosa consiste?
Sono un all’allenatore che apprezza più di ogni altra cosa la giocata del singolo (soprattutto i colpi non banali), mi piace vedere i bambini mostrare creatività e fantasia, lascio molto spazio alla libertà di azione sacrificando magari aspetti tattici che solo da più grandi scopriranno.
Il dribbling e l’1 vs 1 sono aspetti fondamentali che un bambino deve sperimentare in ogni zona del campo persino davanti alla propria porta…qualcuno le chiama le biffate, ovvero delle magnifiche tricks a ridosso del proprio portiere che tengono tutti con il fiato sospeso… il calcio deve essere uno spettacolo e i bambini ne sono magnifici interpreti!
In passato hai lavorato con realtà di altissimo livello quali Atalanta e Milan.
Che tipo di ruolo ricoprivi?
Come accennato, a Bergamo ho fatto una vera e propria gavetta che passo dopo passo mi ha portato sul campo, oltre che da Bianchessi ho avuto la possibilità di imparare dal Maestro Bonifaccio e da Mister Massimo Gerli. All’epoca l’Atalanta era particolarmente attenta all’insegnamento del gesto tecnico, una vera e propria scuola che mirava alla cura del dettaglio perché i giocatori potessero dare del “tu” al pallone in ogni circostanza.
Come allenatore in prima riuscii a sperimentare in linea con il Club qualche idea che già mi passava per la testa.
Al Milan mi trasferii con Bianchessi e sotto la sua supervisione curai le selezioni dei più piccoli e continuai ad allenare la squadra più giovane del vivaio rossonero.
Nel mio piccolo contribuii a far rifiorire un vivaio che oggi incomincia a raccogliere i suoi frutti.
Parliamo ora del tuo modo di lavorare. Sei un grande estimatore del duello, grazie al quale hai più volte ribadito la sua importanza per valorizzare l’istinto e la creatività. Quanto tempo ci dedichi all’interno di una seduta di allenamento?
Il duello prende una buona fetta della seduta, ma attenzione non cadiamo nella banalità di pensare che si riferisca solo all’1 vs 1, i duelli collaborativi ricoprono una valenza altrettanto importante ed è necessario che i percorsi siano paralleli.
L’obiettivo è portare il bambino a poter “scegliere” e usure al meglio le proprie abilità, ma non è sufficiente se non si crea l’ambiente idoneo affinché il giovane allievo non si senta libero di sperimentare.
Ed ecco che qui assume grande rilevanza la formazione dell’allenatore non solo tecnica ma anche pedagogica.
Dico sempre che non è sufficiente mettere due bimbi l’uno di fronte all’altro per sostenere di lavorare sul duello.
Entrando ancora più nel tecnico vorremmo sapere come strutturi una seduta di allenamento, in quanti “momenti” la suddividi e quanto tempo dura.
All’incirca la mia seduta di allenamento non va oltre l’ora e mezza.
I ritmi sono alti, i tempi morti sono rosicati all’osso ed ogni duello viene giocato con parecchia intensità.
La struttura dell’allenamento non è delle più canoniche, prevede infatti una continua alternanza di Globale – Analitico – Globale (GAG – idea che ho sposato grazie al Responsabile dell’Attività di Base dell’AC Monza Angelo Colombo) dove all’interno troviamo i duelli, le esercitazioni analitiche e i giochi collettivi.
Naturalmente grande spazio viene dato alla partita, almeno 30 minuti!
Il Monza è una società molto ambiziosa che mira a palcoscenici importanti.
Che impatto stanno avendo Berlusconi e Galliani nella città?
L’impatto della famiglia Berlusconi e del dottor Galliani ha scatenato un vero e proprio entusiasmo non solo nell’ambiente del Club biancorosso ma sta contagiando l’intera città, anzi che dico, la Brianza intera.
Le migliorie all’impianto di Monzello sono un biglietto da visita straordinario per chi varca i cancelli del centro sportivo e vedere lo stadio che gara dopo gara attira sempre più tifosi è il segnale che qualcosa di importante sta nascendo.
Ho lavorato con questa dirigenza per tantissimi anni al Milan ed ora è un po’ come esser tornati a casa.
Cosa pensi della realtà calcistica italiana?
Quali sono i punti forti e quali invece quelli da migliorare?
In italia siamo malati di calcio, lo siamo noi e lo sono i tantissimi bambini che praticano questo sport quasi tutti i giorni.
La passione che ci lega al pallone è talvolta inspiegabile e se da un certo punto di vista ognuno si sente allenatore anche senza le dovute competenze, dall’altro ci permette di disporre di un bacino di utenza davvero vasto.
In svizzera, dopo la mia esperienza nel canton Ticino ho sperimentato cosa volesse dire lavorare in una nazione dove il calcio non è lo sport nazionale e la maggior parte dei piccoli talenti scelgono di praticare altri sport come l’hockey.
In Italia è diverso, tutto si focalizza sul calcio e questo ci porta a grandi responsabilità.
La federazione si sta muovendo in tal senso con nuovi progetti e guide tecniche e le società professionistiche di riferimento del territorio fanno la loro parte organizzando continui incontri formativi.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico invece punterei più sul dribbling, una scuola che in italia si sta perdendo a discapito delle mode del momento.
Ma mi fermo qui, perché potrei scrivere un altro libro in merito.
Il nostro tempo sta per scadere.
Prima di salutarci vorremmo che ci dessi un tuo parere sulla cultura della vittoria.
Spesso assistiamo ad una ricerca del risultato fin dai piccoli amici: molti mister in allenamento insegnano posizioni da mantenere e/o urlano le soluzioni ai propri giocatori, il tutto a discapito della tecnica e della fantasia.
Hai avuto modo di riscontrare tutto ciò?
Noi pensiamo che non sia solo un problema di cultura ma che qualche responsabilità le abbia anche il sistema stesso, il quale “obbliga” i bambini a cimentarsi in competizioni inadeguate per numero di giocatori e difficoltà.
In questo scenario la cultura del “vincere a tutti i costi” amplifica la presenza di allenatori urlatori che lavorano a misura di uomo (e non di bambino).
La ricerca della vittoria ci sta, fa parte di qualsiasi gioco e della natura stessa dell’essere umano, la differenza sostanziale però è quale tipo di percorso scegliamo per raggiungere il successo.
Se dovessi pensare al mero risultato finale non ragionerei in termini di formazione, il viaggio è talvolta più importante della meta da raggiungere. Spesso e volentieri assisto a gare di bambini che scimmiottano il gioco degli adulti e il mio sguardo volge verso la panchina, all’allenatore di turno che si sente Guardiola o Klopp, sorrido e penso che la mia strada è ancora quella giusta.
Andrea, grazie mille per il tuo tempo e speriamo di vederci presto sui campi.
Rinnovo a voi i ringraziamenti per lo spazio concesso, a presto!