(a cura di Luciano Faccioli)
tempo di lettura 3 min.
Quante volte ho sentito dire a dei bambini o a delle bambine:
“Non piangere che sembri una femminuccia”
“Qui stiamo giocando a calcio mica facciamo danza classica”
“Vestita così sembri un maschiaccio”
“No! A calcio non puoi andare perché è uno sport da maschi”
Sicuramente anche voi avrete sentito queste frasi e tante altre di questo tipo; spero le abbiate solo sentite e non dette. Se le avete dette, beh, sappiate che sono concetti che non hanno alcun fondamento, ma che, nonostante la loro palese infondatezza, contribuiscono a consolidare, se ce ne fosse bisogno, vecchi e pericolosi stereotipi.
Avete ben chiaro di cosa siano gli stereotipi? Meglio chiarire per non incorrere in fraintedimenti.
Lo stereotipo è una rappresentazione semplificata della realtà, è l’attribuzione di caratteristiche (presunte) tipiche a tutti i membri di una categoria, cosicchè ogni singola persona appartenente a quella categoria, perde la sua unicità e si appiattisce a una rappresentazione forzata. Per fare esempi classici: i tedesci sono tutti alti e biondi, le donne hanno tutte paura dei topi, le persone che hanno il naso sottile e le labbra fini sono tutte perfide e cattive.
Insomma ragionando per stereotipi si ragiona per gruppi perdendo di vista l’unicità e la particolarità di ogni singola persona, attribuendo a tutte le persone appartenenti ad un gruppo specifico delle caratteristiche che non necessariamente possiedono.
Dicevo che gli stereotipi sono pericolosi. Lo ribadisco perché portano a distorsioni di pensiero, ad errori di giudizio e a misconcezioni della realtà che possono condurre a pregiudizi e conseguenti azioni che ledono la dignità, la libertà, di altre persone.
Cosa centra questo con la felicità?
Beh centra, perché se noi annulliamo la persona per categorizzarla in base al gruppo di appartenenza non la rendiamo certo felice; chi di voi è felice quando gli altri si aspettano da voi che facciate o diciate cose che non sono nel vostro bagaglio di pensiero? Siete felici quando la vostra aspirazione e il vostro interesse per un’attività vi è precluso perché ritenuta, da altri e a torto, non adatta a voi? Cosa provate quando all’estero vi dicono che “italiano è uguale a mafioso”?
Quante bambine non possono giocare a calcio per lo stereotipo che “il calcio è uno sport da maschi”? Per questo motivo ci sono moltissime bambine che non giocano a calcio o che iniziano (troppo) tardi a praticarlo, dopo anni di estenuanti tira e molla con i genitori, ma tutto ciò non ha una spiegazione logica, un fondamento razionale, si basa solo su consuetudini e false credenze che alimentano lo stereotipo.
E poi scusate, se una persona ha un interesse e un’aspirazione possibile, come giocare a calcio, perché non può essere messa in grado di soddisfare questa sua propensione?
Direi quindi che, in riferirimento al benessere ed a una buona qualità della vita, alla felicità, è molto più salutare non farsi irretire dagli stereotipi perché farsi guidare da pensieri stereotipati vuol dire vivere con il paraocchi, significa precludersi possibilità, porta a dissonanza cognitiva -fare cose non in linea con le proprie idee-, causa situazioni di tensione, di scontro, di non accettazione, di opposizione, di demoralizzazione, per il fatto di non poter fare quello a cui si aspirerebbe.
Rifacendosi agli esempi fatti sopra potremmo dire che:
- piangere e manifestare le emozioni in modo empatico e sincero, è un valore aggiunto per le relazioni e per il benessere personale;
- la danza è un’attività estremamente più dura del calcio e i ballerini e le ballerine profesionisti/e si allenano molto più duramente e per molte più ore rispetto ai calciatori professionisti;
- ogni persona ha diritto ad essere se stessa e di mostrare la sua persona per quello che è.
- Il calcio può essere praticato, e molto bene, anche dalle bambine.
Lo sport, qualsiasi sport, e il diritto di praticarlo, è per tutte le persone. Volete rendere veramente felici i bambini e le bambine? Lavorate su di voi e ripulitevi dai pensieri stereotipati. Costa fatica e molto impegno, ma vivrete meglio voi e farete vivere meglio anche i bambini e le bambine.