C’è qualcosa di magico in un campo da calcio quando è popolato da bambini. L’energia, l’entusiasmo, il puro amore per il gioco. Ma troppo spesso vedo scene che fanno pensare: “Si potrebbe fare meglio“. Errori che, per quanto in buona fede, finiscono per soffocare quel fuoco che dovrebbe alimentare ogni piccolo calciatore. Ne ho individuati 7, vediamoli insieme.
1- La fila indiana della noia
C’è un’immagine che si ripete nei campi di tutto il mondo: una lunga fila di bambini che aspettano il loro turno per dribblare tra i coni, spesso più tempo in coda che con il pallone tra i piedi. Il calcio non è attesa, è movimento, creatività, istinto. Ogni esercizio dovrebbe essere progettato per massimizzare il tempo di contatto con la palla e, soprattutto, per farli giocare.
2- Lezioni da cattedra? No, grazie
I bambini non sono adulti in miniatura. Non hanno la pazienza per ascoltare lunghe spiegazioni tattiche, non sono interessati a un’analisi dettagliata delle fasi di gioco. Vogliono giocare, sbagliare, riprovare. L’apprendimento deve avvenire sul campo, nel flusso dell’azione. Un consiglio veloce, un’indicazione chiara, poi di nuovo palla che rotola.
3- L'ossessione della vittoria
Se pensi che il tuo obiettivo sia vincere ogni partita a ogni costo, forse hai sbagliato mestiere. I bambini devono imparare, crescere, amare il gioco. La pressione per il risultato rovina tutto: porta gli allenatori a urlare indicazioni senza sosta, a trasformarsi in joystick umani (lo vedremo dopo), a congelare la creatività dei piccoli giocatori. Lasciamoli liberi di sbagliare, di sperimentare, di scoprire il gioco a modo loro.
4- Genitori? Nemici o alleati?
Troppo spesso vedo allenatori evitare il dialogo con i genitori, come se fossero un ostacolo anziché una risorsa. Certo, ci sono quelli che gridano a bordo campo, che vivono la partita come fosse la finale di Champions League. Ma la maggior parte vuole solo il meglio per i propri figli. Coinvolgerli, spiegare il percorso, farli sentire parte del processo aiuta a creare un ambiente più sereno e produttivo per tutti.
5- La paura di chiedere aiuto
Essere allenatori non significa dover fare tutto da soli. C’è un intero mondo di conoscenze, esperienze e persone disposte a dare una mano. Confrontarsi, collaborare, delegare quando necessario è segno di intelligenza, non di debolezza.
6- Il joystick umano
“Passala a Marco! Tira! Torna indietro!”. Sentire un allenatore che urla comandi ogni secondo della partita è come vedere qualcuno che gioca a FIFA con i bambini come personaggi virtuali. Ma il calcio è un gioco di decisioni autonome. Se il mister controlla ogni scelta, quando mai i ragazzi impareranno a pensare da soli?
7- Ruoli rigidi, crescita limitata
Il difensore più scarso, l’attaccante più veloce. Uno schema che si ripete ovunque, ma che limita terribilmente la crescita dei ragazzi. Se un bambino gioca sempre e solo in una posizione, non svilupperà mai una comprensione completa del gioco. Ogni ruolo insegna qualcosa di diverso, ogni esperienza aiuta a crescere.
Alla fine, sono bambini
Forse il punto più importante di tutti. Gli allenamenti devono essere divertenti, le partite devono essere un momento di gioia, l’ambiente deve essere stimolante e positivo. I bambini devono tornare a casa con il sorriso, con la voglia di tornare al campo, con il ricordo di un gol, di un passaggio riuscito, di un dribbling che ha funzionato.
Perché alla fine, il calcio è questo. Un gioco meraviglioso, se lasciamo che rimanga tale.