A cura di Luciano Faccioli
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Se vi dico “empatia”, avete chiaro di cosa vi stia parlando? Sono sicuro che sapete di che si tratta, ma è sempre meglio chiarire.
Empatia significa capire le emozioni altrui, ma capirle profondamente, tanto da riuscire a mettersi nei panni di chi sta provando quelle emozioni.
Farò due esempi:
Quella persona sta piangendo, evidentemente gli è successa una cosa triste, mi dispiace per lui…
Quella persona sta piangendo, avrà qualche paturnia, c’è un sacco di gente rammollita in giro …
Si lo so, ho fatto un esempio un po’ crudo, ma è per farsi capire; il primo è un approccio empatico alla situazione specifica, il secondo evidentemente no. Ho messo i puntini di sospensione perché c’è un seguito a questi pensieri:
… adesso vado e gli chiedo se si sente male, o se posso aiutarla in qualche modo.
… beh qualsiasi cosa sia gli passerà, io ho già miei problemi, non posso e non ho voglia di aiutarla.
Al pensiero segue (quasi) sempre un’azione, e ad un pensiero empatico probabilmente segue un’azione pro-sociale, mentre ad un pensiero non empatico segue necessariamente, quando va bene, un’azione di indifferenza, e dico quando va bene perché le persone non empatiche possono essere indifferenti o anche crudeli: non sentire il dolore altrui può portare anche a commettere efferate atrocità.
Sembra che questa importante capacità di capire le emozioni degli altri sia possibile grazie al sistema mirror: ai neuroni specchio. Sono loro che, alla vista delle espressioni emotive altrui, si attivano e permettono di capire le emozioni che l’interlocutore sta provando, permettendo di essere empatici.
Forse avrete già sentito parlare del sistema mirror in relazione agli aspetti motori, al fatto cioè che alla vista di un’azione finalizzata ad uno scopo si attivano, nell’osservatore, gli stessi neuroni che si attiverebbero se lui stesso facesse concretramente l’azione vista. La stessa cosa accade per le emozioni, sono coinvolte zone cerebrali diverse rispetto agli aspetti motori, ma i processi che avvengono nel cervello sono gli stessi: quando vedete sul volto di un’altra persona un’emozione, si attivano in voi le stesse zone del cervello che si attiverebbero se voi provaste quella stessa emozione. È una reazione automatica, avviene inconsapevolmente, poi, dopo che è avvenuta, potete anche dargli un significato personale e attuare un vostro comportamento conseguente, ma la risposta viscero-motoria è immediata e incontrollata e in qualche modo condiziona la vostra condotta successiva.
In definitiva l’aspetto fondamentale del sistema mirror, è che permette di creare uno spazio di azione ed emotivo condiviso, cioè quello che accade fuori di voi, accade istantaneamente anche dentro di voi; questo significa che grazie al sistema mirror potete comprendere istantaneamente i messaggi che vi arrivano dalle persone attorno, e senza un passaggio cognitivo, che rallenterebbe il processo.
Provate ora a pensare al peso che il vostro stato emotivo può avere su un bambino che gioca a calcio:
Prima della partita, che emozioni si possono elicitare in lui se noi siamo in tensione o se siamo sereni e fiduciosi?
Durante la partita, come sarà la sua risposta emotiva di fronte alle urla, alle posture agli sguardi, se questi saranno di punizione e sfiducia o se saranno di sostegno e fiducia?
Dopo la partita, come si sentirà se sarà pressato sugli sbagli fatti o se si termina tutto con un festoso terzo tempo?
In definitiva il sistema mirror permette la comunicazione proprio perché permette la comprensione dell’altro. Ricordate che una comunicazione efficace richiede una sintonizzazione dei canali comunicativi e dei significati, ma prima di tutto richiede una sitonizzazione affettiva.
Il sistema mirror è innato e funziona h 24, è importante quindi riflettere sul peso delle emozioni che comunichiamo ai bambini che è altissimo e va ad incidere sulla loro formazione personale, sulle loro relazioni, sulla loro crescita emotivo-motivazionale, sui loro apprendimenti, sulle loro prestazioni… sulla loro felicità.