A cura di Luciano Faccioli
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I bambini vanno alla Scuola Calcio per tanti motivi: perché ci sono i loro amici, perché da grandi vogliono fare i calciatori e giocare in seria A, perché anche il papà o la mamma giocavano a calcio, ecc. Fondamentalmente però vanno alla Scuola Calcio per giocare e divertirsi.
E gli adulti? Perché portano i figli alla Scuola calcio? Perché si prendono un impegno così gravoso come allenare dei bambini in fase di sviluppo?
Sarebbe interessante capire se le motivazione dei bambini coincidono con quelle degli adulti, ma indipendentemente da questo sono dell’idea che alla fine, visto che i protagonisti della scuola Calcio sono i bambini, conti solo quello che pensano loro.
Mettere il bambino al centro signifca proprio questo: assecondare i desideri, la passione e i bisogni dei bambini.
Se si riesce a fare questo i bambini saranno felici, verranno alla Scuola calcio con entusiasmo e tanta voglia di giocare e così impareranno anche meglio. Tutto molto semplice e tutto molto intuitivo, almeno la prima parte, cioè quella dove si dice che i protagonisti della Scuola Calcio sono i bimbi, chi non lo dice! Un po’ più difficile da mettere in pratica è la seconda parte: assecondare i desideri, la passione e i bisogni dei bambini.
Spesso, inconsapevolmente, si verifica invece che gli adulti proiettino sui bambini i loro desideri, le loro passioni e i loro bisogni, diventando loro i protagonisti e non i bambini andando così a caricare di affettività negativa un’attività che potrebbe e dovrebbe essere invece portatrice di emozioni positive, -l’avevo già detto “basterebbe solo un pallone”-. Questa proiezione degli adulti è ovviamente un meccanismo interno, inconsapevole e per questo difficile da controllare. L’allenatore che urla come un ossesso all’errore tecnico del bambino o il genitore che si infuria perché non tollera la sconfitta del figlio, sono solo due esempi di sregolazione emotiva dettate da una discrepanza tra le proprie aspettative e la realtà dei fatti, badate bene: discrepanza tra ciò che accade in campo e le aspettative dell’adulto, non delle aspettative dei bambini.
In definitiva, se vogliamo che i bambini imparino a giocare a calcio, dobbiamo fare in modo che siano felici alla Scuola Calcio, che si divertano. Come abbiamo già detto questa condizione emotiva è la base per apprendere meglio ed essere più performanti, ma è anche la base per costuire un’idea di sè più positiva e adeguata e quindi per avere fiducia in se stessi, non solo sul campo da calcio. Ma il bambino non può costruire da sè un ambiente positivo e sicuro dove essere felice; alla Scuola Calcio lui porta solo se stesso, la sua voglia di giocare, la sua innata creatività e voglia di fare, porta la sua felicità; sta all’adulto tenere vive, coltivare e non uccidere queste sue caratteristiche.
L’adulto quindi ha una grossa responsabilità in tutto questo: è lui che costruisce l’ambiente di gioco, con le esercitazioni che propone, con le sue modalità comunicative, con i materiali che usa; è lui che crea un clima affettivo di tranquillità e sicurezza o di tensione e paura.
In sostanza è l’adulto che, con le sue emozioni, determina le emozioni dei bambini perché è lui il riferimento dei bambini, è lui che i bambini guardano; ricordate come lavorano i neuroni specchio? I bambini recepiscono i segnali visivi delle emozioni e la risonanza interna dei neuroni specchio attiva in loro la stessa emozione, essendo emotivamente immaturi la gestione di questa attivazione per loro è difficile e possono così essere fortemente condizionati e cadere preda delle stesse emozioni che vedono.
Adesso quindi, come nei migliori romanzi, dopo aver costruito tutto un castello di indizi per portare il lettore a puntare l’attenzione su uno specifico personaggio, la soluzione finale.
Per essere felici i bambini alla Scuola Calcio dovono divertirsi, devono entrare in quell’esperienza di flusso di cui dicevamo, devono poter giocare tutti indipendentemente dalle capacità a dal genere, devono sperimentare emozioni postive, ma se volete che tutto ciò avvenga dovete essere voi adulti, prima dei bimbi, ad essere felici; voi vi dovete divertite e provare emozioni positive.
Cari allenatori e genitori, volete bambini felici? Siate felici voi!