A cura di Luciano Faccioli
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Ormai avrete chiaro il concetto che voglio condividere con voi: non possiamo disgiungere le risposte emotive dalle risposte cognitive.
Essere consapevoli di questo aspetto del funzionamento mentale è fondamentale e non per niente scontato, perché la situazione è parecchio ambigua. Mi spiego.
La stragrande maggioranza delle persone che si occupano di educazione e di apprendimenti, sia sui campi da calcio che in altre agenzie educative, si dicono consapevoli dell’importanza delle emozioni nei processi di apprendimento e di performance, e fin qui tutto bene; il fatto è che poi nei luoghi di apprendimento la maggior parte di loro sono ossessivamente (sì avete letto bene, ho scritto “ossessivamente”) concentrati sugli aspetti puramente strumentali delle varie discipline, si concentrano sull’esecuzione e sugli apprendimenti tecnici dimenticandosi completamente delle emozioni.
A mio avviso una motivazione di questa schizofrenia è da imputare anche alla ricerca e alla divulgazione dei risultati.
Chi studia il funzionamento del cervello conosce bene l’importanza delle emozioni nei processi cognitivi, ma gli studi, per esigenze metodologiche prima ancora che per cultura scientifica, sono fatti in modo settoriale e parcellizzano il funzionamento del cervello, studiandolo per settori discreti, come fossero unità indipendenti, così da avere dati oggettivi sui processi mentali specifici. Capite che focalizzarsi su singole parti permette uno studio del funzionamrento mentale più preciso e accurato, ma rischia anche di far perdere di vista il tutto. Gli scienziati sono consapevoli di queste cose, ma il pubblico molto meno.
Poi viene la divulgazione; le persone leggono gli articoli riguardanti il funzionamento cognitivo su riviste specializzate ma anche su riviste generaliste o addirittura di gossip, ricevendo spesso un’informazione superficiale e soprattutto monca e non rispondente in pieno alla realtà del funzionamento del nostro cervello, dato che quasi sempre si parla solo di “cognitivo” e non di “emotivo”. Il risultato quindi è quello che si diceva sopra: chi si occupa di apprendimento è implicitamente e inconsapevolmente irrettito all’interno di questa ideologia riduzionista e si orienta verso una “cognizione fredda” che concentra il suo fare intorno alle pure strumentalità, gestite da processi cognitivi freddi e perdendo di vista le emozioni.
Attenzione quindi: prendete sempre in considerazione le emozioni prima dei processi cognitivi, perché ogni processo cognitivo che avviene nel cervello umano si attua in conseguenza alle emozioni che lo precedono.
Di conseguenza anche l’acquisizione di strumentalità e il livello di prestazione non possono essere in nessun modo collegati solo ed esclusivamente agli aspetti cognitivi perché le emozioni:
– influenzano, attivano e dettano (quasi esclusivamente in modo inconsapevole) decisioni, azioni e schemi motori;
– determinano il livello di attenzione
– condizionano il funzionamento della memoria di lavoro
– regolano la capacità di autoregolazione
– definiscono il livello di creatività
– influenzano le capacità di flessibilità e di adattamento
Nel calcio e alla Scuola Calcio, si sente sempre parlare (giustamente) di giocatore pensante, di capacità decisionale, di intelligenza calcistica, mi permetto di darvi un consiglio, o per lo meno uno spunto di riflessione:
quando ragionate sulla metodologia migliore da adottare in allenamento, sulla comunicazione efficace nel pre-partita, su che esercitazione proporre per potenziare specifici aspetti tattico-tecnici, non cadete nel tranello di pensare solo agli obiettivi strumentali e prestativi da raggiungere, provate a partire molto prima e chiedetevi come vi sentite voi, come si sentono i vostri giocatori, che clima di lavoro c’è, che emozioni stanno provando i vostri bambini.
Partire dalle emozioni è garanzia di buon funzionamento cognitivo, di buon apprendimento, di prestazioni ottimali e di felicità.