A cura di Luciano Faccioli
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Eccomi giunto alla fine di questa rubrica. Il percorso di riflessione che vi ho proposto parte dall’idea che i bambini vanno alla Scuola Calcio per imparare e giocare a calcio ed essere felici, loro vogliono giocare e divertirsi. Per essere felici è fondamentale sperimentare emozioni positive e le emozioni positive si hanno quando si impara a fare la cosa che piace e ci si sente competenti nel farla, quando l’ambiente dove ci si muove è accogliente, sicuro e sereno, quando si è circondati da persone che ti rispettano e ti stimano; quando chi ti sta vicino si fida ti te.
Ho cercato di parlarvi della Scuola Calcio mettendo in primo piano le emozioni perchè è assodato che prima di qualsiasi ragionamento e qualsiasi apprendimento, prima di ogni attività cognitiva e di ogni decisione, a monte della motivazione e dell’intelligenza calcistica ci sono sempre loro: le emozioni.
Troppo spesso si prende alla leggera la sfera emotiva dei bambini concentrandosi sulle strumentalità come ad esempio saper trasmettere, saper controllare la palla, saper colpire di testa ecc. Ovvio che le strumentalità sono importanti e vanno insegnate ma, come abbiamo visto, ogni apprendimento è condizionato dal clima emotivo in cui avviene.
Se un bambino è impegnato a giocare a calcio e sperimenta una esperienza di flusso, cioè si trova pienamente coinvolto nell’attività svolta dove la motivazione intrinseca è il motore che lo spinge ad agire, si troverà in uno stato affettivo positivo e in questa situazione anche le competenze cognitive e motivazionali necessarie per apprendere saranno attivate in maniera ottimale; attenzione, creatività, flessibilità, controllo della situazione, autodeterminazione e consapevolezza di sé, diventano così risorse pienamente disponibili, garantendo apprendimenti positivi.
L’esatto contrario avviene invece se l’affettività dell’ambiente di apprendimento è negativa. In seguito alle emozioni negative infatti il bambino non potrà disporre appieno delle sue risorse personali e addirittura potrebbe anche evitare il compito.
I bambini però non vanno alla Scuola Calcio da soli, i genitori li iscrivono, li accompagnano e li seguono, gli allenatori li allenano e li gestiscono sul campo: è compito degli adulti creare un ambiente emotivo supportante. Dal momento che le emozioni vengono prima e supportano gli apprendimenti, gli adulti devono costruire un ambiente sicuro e accogliente dove il bambino sperimenti emozioni positive.
Ecco l’importanza delle relazione e della comunicazione, ma soprattutto il valore della piena presa di coscienza, da parte degli adulti, del valore delle emozioni e della consapevolezza che sarà il loro stile comportamentale a trasmettere i messaggi emotivi e fornire il modello comportamentale dei bambini.
La finestra temporale della Scuola Calcio è importantissima, perchè è in questa fascia di età che i bambini iniziano a formare le loro competenze, il loro stile cognitivo-comportamentale, la loro personalità; a questa età si possono gettare i semi per una personalità sicura e intraprendente o debole e timorosa, si può fornire il substato tattico-tecnico su cui costruire la futura intelligenza calcistica o si può insegnare a riprodurre schemi motori in modo fisso e rigido. Insomma, gli adulti hanno una grossa responsabilità in riferimento all’apprendimento del gioco del calcio e alla motivazione a praticarlo dei bambini, oltre che sulla loro formazione personale ovviamente. E tutti questi aspetti hanno il loro inizio nelle emozioni e da loro dipendono.
Dicevamo che i bambini vanno alla Scuola Calcio per divertirsi. Bene, allora portateli e fateli giocare se ne hanno la passione, ma non solo i maschi e non solo i più bravi! Tutti devono giocare, perché tutti i bambini hanno il diritto di divertirsi ed essere felici, ed è un dovere degli adulti fare in modo che questo avvenga, sia in allenamento che in partita.
Coltivate le vostre emozioni positive e la vostra felicità e in questo modo trasmetterete emozioni positive e felicità anche ai bambini, A TUTTI I BAMBINI.