Mi ricordo bene come ci rimaneva male Elisa, la bambina che è venuta l’anno scorso a giocare con noi, quando la prendevano in giro. Però erano gli altri che la prendevano in giro, mica io. Cioè, mi sarà capitato una o due volte di ridere perché sbagliava, ma mi capita di ridere anche quando sbaglia un maschio. Anzi a dire il vero quando la prendevano in giro troppo un po’ mi dispiaceva e una volta che si è messa piangere era venuto da piangere anche a me. Ma mi sono trattenuto perché altrimenti mi avrebbero preso in giro e avrebbero detto che sono una femmina. E magari mi dicevano che era meglio se andavo a fare danza.
Il mister dice che non è vero che la danza è solo per le femmine, anzi. Dice che ci sono un sacco di ballerini maschi, e dice anche che fanno allenamenti molto più duri dei calciatori; ma figurati! Io non ci credo molto, anche se però me l’hanno detto anche i miei genitori. Mia mamma ballava e poi lei e papà vanno spesso a vedere dei balletti, e anche le mie sorelle, e a casa abbiamo anche un sacco di DVD di balletti. Ma io preferisco le partite di calcio, quando guardiamo i balletti mi addormento. Però mi piace ballare. Mio papà mi dice che sono molto bravo a ballare e che secondo lui potrei fare danza, ma figurati danza! Io non voglio fare danza; primo perché mi piace troppo giocare a calcio e poi perché ci sono tutte femmine, e non mi va di stare in mezzo a tutte le femmine e poi sono sicuro che qualche mio amico mi prenderebbe in giro.
Comunque quella volta che Elisa è tornata negli spogliatoi piangendo… ehy però se ci penso lei era da sola in mezzo a tutti maschi! Comunque dicevo, quella volta che piangeva mi dispiaceva un sacco e veniva da piangere anche a me, avrei voluto dirle qualcosa per consolarla, ma non mi è venuto in mente niente. Alla fine dell’allenamento le sono passato in fianco e non le ho detto proprio niente e sono entrato nello spogliatoio con gli altri e finché ci cambiavamo c’era qualcuno che rideva di lei, cioè rideva del fatto che stava piangendo e questa cosa non mi sembra molto giusta: se un bambino o una bambina piange vuol dire che è triste e non è giusto prenderlo in giro, anzi bisognerebbe aiutarlo… eh, ma io non l’ho fatto.
Chissà perché a vedere Elisa triste io ero triste e altri erano felici! Cioè voglio dire, come è possibile che avevamo idee così diverse. Sì insomma, se ti trovi davanti a un leone tutti hanno paura, se invece sei davanti alla TV a guardare un cartone sei felice. Come mai allora, davanti a una persona triste, c’è chi è felice e chi è triste? Cioè come mai davanti alla stessa cosa, si provano emozioni così diverse? A me sembra più normale essere tristi se sei davanti a uno triste e non mi sembra tanto normale il contrario.
Quando sono andato a casa gliel’ho detto ai miei genitori -questa cosa che alcuni ridevano e io invece ero triste- e loro mi hanno detto che il fatto di provare le stesse emozioni che prova un altro si chiama empatia e che è una bella cosa, perché se uno prova le emozioni di un altro vuol dire che capisce bene cosa stia provando e allora riesce anche a fare la cosa giusta; e perché allora io non ho fatto niente con Elisa? Cioè sono andato dritto nello spogliatoio lasciandola fuori da sola e senza cercare di consolarla, non credo sia stata la cosa giusta, eppure ero triste come lei! Forse non è proprio vero che se provi le stesse emozioni di un altro poi fai la cosa giusta. Per me è stato così, ma avevo troppa paura di fare la figura della femminuccia, non ho avuto coraggio.
Allora non capisco una cosa: mi dispiaceva per lei e avrei voluto consolarla e aiutarla, ma non ci sono mai riuscito! Forse non è vero che basta l’empatia per fare la cosa giusta, forse serve qualcos’altro. Ma cosa?
Anche il mister ci dice sempre di fare la cosa giusta, cioè ci dice di decidere cosa fare in campo e di scegliere di fare la cosa più giusta, passare, tirare, scartare, sì insomma di decidere da soli, e se sbagliamo pazienza, impareremo per la volta dopo. Per Matteo la cosa giusta si vede che è scartare, lui scarta sempre, poi perde sempre la palla, ma non mi sembra stia imparando perché nonostante questo lui continua a scartare.
Anche i miei genitori mi dicono sempre di decidere da solo, “Preparati lo zaino per scuola”, “Preparati la borsa per il calcio”, “Fatti la doccia”, “Fatti i compiti”, “Fatti questo”, “Fatti quello”, sempre tutto da solo. Se chiedo al mio papà una cosa tipo “papà cosa faccio oggi, vado al compleanno o vado all’allenamento?” lui mi dice “A me lo chiedi? Sei te che devi scegliere cosa fare mica io!”, proprio come il mister; se gli chiedo “Mister, meglio scartare o meglio passare?”, lui risponde “Devi decidere tu, in base alla situazione, a come sei tu, a cosa ti va di fare. Sei tu in campo che giochi mica io”.
Questa cosa del decidere da soli è un po’ impegnativa e a volte anche difficile, ma mi piace parecchio! Piuttosto di avere sempre qualcuno che ti dice cosa fare o peggio che lo fa per te, preferisco così. Che poi se uno ti dice tutto o fa’ lui le cose per te, come fai a imparare? Io voglio imparare a giocare bene a calcio perché da grande voglio fare il calciatore e la prima cosa che deve saper fare un calciatore io so qual’è, me l’ha detta mia mamma: è allacciarsi le scarpe da solo! Ecco Elisa non sarà stata brava a giocare, però si sapeva allacciare le scarpe da sola! In squadra eravamo solo in due ad allacciarci le scarpe da soli, io e lei!
E poi lei sì che era coraggiosa: è venuta a giocare da sola in mezzo a tutti maschi!