E’ online il terzo appuntamento con le interviste targate Football Idea!
Ogni settimana incontreremo un addetto ai lavori di una società professionistica, il quale ci illustrerà la realtà in cui lavora.
Stamane siamo tornati in Veneto per incontrare Nicola Aggio, tecnico del Calcio Padova under 10.
Ciao Nicola, benvenuto su Football Idea e grazie per aver accettato il nostro invito.
Prima di iniziare vorremmo che ci parlassi un po’ di te: quando e dove hai mosso i primi passi nel mondo del calcio?
Ciao Stefano, grazie a voi per l’invito e l’opportunità offerta.
Ho cominciato ad appassionarmi al calcio giocato all’età di 6 anni circa, muovendo i primi passi giocando con amici per strada, nei centri estivi ed ai campetti dell’oratorio.
Ma, solamente dopo aver vissuto i Mondiali di USA ’94, ho capito che mi stavo veramente innamorando di questo Sport.
A livello agonistico dopo aver provato le prime esperienze in diverse società della provincia di Rovigo, ho trovato “casa” nella società di quartiere dove sono nato e cresciuto, la Polisportiva San Pio X.
Inizialmente da calciatore ed in seguito da allenatore, per oltre 15 anni ho potuto condividere in questa realtà: amicizie, esperienze e tante emozioni. Mi sono avvicinato per curiosità al percorso di allenatore/educatore per poi prendere consapevolezza del ruolo con il tempo, ho avuto la fortuna di usufruire dei consigli e l’esperienza di due ex compagni di squadra quali Diego Franzoso e Alberto Nabiuzzi, che ho avuto il piacere di avere anche come “mister”.
Nel corso degli anni, ho avuto la possibilità di confrontarmi e condividere maggiormente con Diego, svolgendo il ruolo di suo collaboratore con Este e Vigontina.
Da allenatore ho seguito un percorso non lineare riguardo alle fasce d’età seguite, i primi passi di norma si svolgono con i piccoli, io invece sono partito con le categorie Giovanissimi ed Allievi (anche per bisogni societari) per poi rimettermi in gioco con le fasce Primi Calci e Pulcini.
Attualmente alleni in una realtà importante quale il Calcio Padova.
Da quanto tempi operi in questa società?
E quale annata stai allenando?
Questa in corso è la mia seconda stagione al Calcio Padova dove alleno il gruppo Under 10.
Per quanto riguarda l’attività di base: qual’è la linea formativa intrapresa dalla società?
C’è un progetto comune che lega le fasce d’età più tenere?
Nell’attività di base per il Calcio Padova è fondamentale che il bambino viva l’esperienza calcistica in un ambiente sereno, dove può esprimersi liberamente.
I principi cardine per noi Mister dell’attività di base sono: creare un clima favorevole, educare alla cooperazione e alla collaborazione, valorizzare il singolo e favorire l’iniziativa personale, guidare alla ricerca dell’autonomia del giovane calciatore, condividere valori importanti quali rispetto ed educazione.
Le squadre dell’attività di base U9, U10 e U11 si allenano negli stessi spazi agli stessi orari, questa opportunità ci permette di lavorare in sinergia fra le annate, permettendo a noi allenatori ed ai giovani calciatori di conoscere e socializzare con tutti i presenti.
Tali intenti comuni ci permettono, durante gli allenamenti, di poter creare rotazioni fra atleti e formatori nelle varie categorie, mantenendo e consolidando i medesimi principi.
Questa quotidiana condivisione ci garantisce estrema possibilità di collaborare fra noi, alimentando così lo spirito di appartenenza alla società.
Parliamo ora del tuo modo di lavorare.
Vorremmo sapere quali sono le priorità della tua seduta di allenamento e come la strutturi (in quanti momenti viene suddivisa, quanto tempo dura…).
La mia principale priorità è rendere le sedute di allenamento più varie e coinvolgenti possibile, questo per permettere ai bambini di vivere l’allenamento con entusiasmo.
Cerco di sviluppare ogni allenamento basandomi su principi, inseriti il più possibile in contesto situazionale e globale, ovvero il più vicini possibile al gioco/partita.
La nostra settimana “tipo” prevede 5 impegni (3 allenamenti + 2 partite), ogni allenamento ha la durata di circa 100-105 minuti, di norma divido la seduta in 4 momenti (attivazione, situazionale, globale, partita finale) ma mi lascio molto guidare dalla fantasia, ad esempio se vedo i bambini non troppo “brillanti” in quella giornata cerco di adattare le proposte, se invece li vedo “in palla” prolungo le esercitazioni con ulteriori varianti per metterli alla prova.
Nel primo allenamento settimanale cerco di dare maggior risalto alle situazioni di 1vs1 (situazionale e globale) associate ad attività ludico-motorie o tecnico-coordinative.
Nel secondo allenamento settimanale ci concentriamo in prevalenza sulle situazioni di superiorità numerica (2vs1 e 3vs2 specialmente) e sulle capacità dei bimbi di gestirle e risolverle.
Nel terzo allenamento della settimana iniziamo spesso la seduta con un gioco socio-affettivo o collaborativo, per poi proseguire utilizzando in alternanza Small side games o partite a tema, oltre ad altre proposte a parità numerica (dal 3vs3 al 6vs6) spingendo molto su collaborazione e percezione degli spazi di gioco.
Periodicamente lascio che siano i bambini ad organizzare alcune proposte durante l’allenamento, dando loro qualche Input di modo che possano scegliere come strutturare eventuali partite a tema, esercitazioni tecnico-coordinative o attività situazionali e globali.
Entriamo ancora più nel tecnico parlando di “metodologie”.
Da qualche anno sembra che l’analitico stia tornando molto in voga, non a caso che fioriscono di giorno in giorno scuole calcio di “individual training”.
In un calcio sempre più intenso e cognitivo, quanto ritieni utile questo tipo di allenamento mirato ad una ripetizione del gesto decontestualizzata?
Partendo dal presupposto che tutto a mio parere nel calcio è utile, personalmente utilizzo poco l’analitico, le occasioni in cui lo usiamo è soprattutto per insegnare/alimentare finte e cambi di direzione con i bambini, per poi riprovarle nelle proposte di gioco.
Adoro osservare i bambini che sanno trattare la palla attraverso l’utilizzo di finte, cambi di direzione e giocate fuori dal comune, credo sia spettacolare vedere all’opera quanto può l’analitico abbinato al talento creare dei piccoli giocolieri.
Nel momento in cui i “giocolieri” si limitano a fare solo quello però, senza saper trovare altre soluzioni nel contesto di gioco, viene meno il concetto di collaborazione e conseguentemente di squadra che il calcio rappresenta. Sembra scontata come frase ma: il bambino impara a scegliere cosa fare in campo solo giocando insieme ad altri bambini.
Cambiamo ora discorso e parliamo del movimento calcistico giovanile padovano.
Sicuramente voi ed il Cittadella siete i punti di riferimento della provincia.
Che rapporto c’è la tra le realtà professionistiche e dilettantistiche?
C’è collaborazione per la crescita del calcio padovano in generale?
Vivo da pochi anni in prima persona il calcio giovanile padovano, per quanto ne sappia io, società professionistiche quali Padova e Cittadella si appoggiano a società gemellate/affiliate sia per mantenere attiva la collaborazione con queste, sia per tenere monitorate eventuali crescite dei tesserati nell’attività di base e nel settore giovanile.
Come spesso succede nel calcio moderno, il processo di maturazione del giovane calciatore può avvenire ad età differenti, saper riconoscere ed aspettare l’esplosione di questi giovani richiede tempo, che non sempre nella nostra cultura calcistica viene concesso.
In un calcio frenetico, poche sono le realtà che hanno la pazienza di aspettare l’evoluzione dei nostri calciatori, le società affiliate/gemellate possono essere importanti “bacini” di crescita per loro, purché vengano organizzate e coordinate in maniera professionale.
Per quanto riguarda il rapporto fra dilettantistiche di “spessore” e professionistiche, risulta a mio parere più complesso collaborare.
Avendo vissuto esperienze in entrambe le realtà e confrontandomi periodicamente con ex colleghi, si evince quanto alcuni Club curino il proprio “orticello”, talvolta non tutelando come si dovrebbero gli interessi ed il processo formativo del giovane calciatore.
Probabilmente anche per questi motivi, nel tempo, la F.I.G.C. ha dato una valenza maggiore ai cosiddetti “premi preparazione”, evitando che questi venissero aggirati e dando giusto riconoscimento alle società di provenienza.
Il nostro tempo sta per scadere.
Prima di salutarci vorremmo che ci dessi un tuo parere sulla cultura della vittoria.
Spesso assistiamo ad una ricerca del risultato fin dai piccoli amici: molti mister in allenamento insegnano posizioni da mantenere e/o urlano le soluzioni ai propri giocatori, il tutto a discapito della tecnica e della fantasia.
Hai avuto modo di riscontrare tutto ciò?
Noi pensiamo che non sia solo un problema di cultura ma che qualche responsabilità le abbia anche il sistema stesso, il quale “obbliga” i bambini a cimentarsi in competizioni inadeguate per numero di giocatori e difficoltà.
In questo scenario la cultura del “vincere a tutti i costi” amplifica la presenza di allenatori urlatori che lavorano a misura di uomo (e non di bambino).
Sono più che convinto che le migliori soluzioni ce le offrano i bambini, li osservi e pensi… ora prenderà quella scelta (che tu ritieni la soluzione migliore in quel momento), ma poco dopo vieni puntualmente smentito da un’altra decisione che tu in quel momento non avresti mai lontanamente pensato e che si rivela sorprendente.
Spesso le giocate più imprevedibili ce le mostrano loro, cerco di non imporgli mai nulla ma piuttosto di proporre, di modo che poi siano loro in campo i primi a proporre e non subire quello che accade.
Fondamentale in queste tenere età insegnare ai bimbi che durante le partite non ci si deve preoccupare a tutti i costi del cosa (risultato) ma devono piuttosto pensare al come (giocare).
Assieme a loro discutiamo molto sul concetto di vittoria e sconfitta, dobbiamo essere i primi a riconoscere quando la nostra squadra propone o subisce CALCIO indipendentemente dal risultato.
Faccio comprendere loro che per come vedo io il calcio, vincere senza proporre vale come una sconfitta, viceversa perdere proponendo CALCIO vale quanto una vittoria.
Devono entrare in campo liberi di scegliere in maniera autonoma il da farsi, non devono sentirsi guidati vocalmente da nessuna componente esterna (allenatori, genitori).
Per quando riguarda il concetto dei ruoli, lascio libera interpretazione durante gli allenamenti, mentre durante le partite, in accordo con i bambini alterniamo invece le scelte, mi spiego meglio…avendo un gruppo di 19 giocatori, di solito per ragioni numeriche, a rotazione faccio partecipare 14 bambini alle partite, avendo 2 impegni settimanali, nel primo impegno decidono loro le 2 squadre che si alterneranno durante la partita ed i scelgo le loro posizioni, nel secondo impegno io scelgo le 2 squadre e loro si organizzano con le posizioni in campo, gestendosi anche l’attivazione prepartita.
In entrambi gli impegni utilizziamo la stessa “struttura”, questa ci serve per dare maggior ordine nelle fasi di non possesso ma, come dico sempre loro, quando la palla è in nostro possesso in campo, dobbiamo essere come “acqua” ed avere la capacità di occupare e rioccupare spazi altrui in maniera efficace in tempi corretti, risultando così più imprevedibili.
Fra un tempo e l’altro cerchiamo di capire insieme quello che sta andando bene nel campo di gioco e ciò che invece si potrebbe migliorare.
A volte durante la partita se vedo qualcuno di loro in particolare difficoltà lo chiamo temporaneamente fuori dal campo per dargli qualche consiglio ma non mi sognerei mai di toglierlo dal campo seppur in difficoltà.
Durante le partite, utilizzo rinforzi positivi e messaggi propositivi, aiutandoli in alcune occasioni nella fase di non possesso, devono comprendere che quando il “giocattolo” è in nostro possesso devono sentirsi liberi di gestirlo come meglio credono, con la consapevolezza che nel caso gli venga “rubato” dovranno cercare di recuperarlo il più velocemente possibile ed evitare di farselo portare via nuovamente.
Per trasmettere meglio il nostro calcio usiamo delle parole chiave, dentro e fuori dal campo.
Le due che utilizzo più spesso per far capir loro come si stanno comportando in campo o fuori sono FUOCO e RAGIONE, cercare il giusto equilibrio fra queste due fonti per noi è uno degli obiettivi da raggiungere. In questo calcio frenetico giocato ai cento all’ora spesso si perde consapevolezza di quello che si sta facendo in campo, a favore del solo agonismo, cosi facendo a mio parere nel gioco si perde conoscenza e spettacolarità, come di contro può esserlo un calcio troppo ragionato e manovrato ma lento e indolente, che porta solo a scelte prevedibili e scontate.
Il calcio noioso non fa per noi.
Queste parole chiave, assieme ad altre, ci fanno capire come sta andando il nostro percorso.
Concludo dicendo che si deve credere fermamente in quello che si propone ai giovani calciatori ed essere coerenti nelle proprie scelte per la loro crescita.
Inutile per noi allenatori partecipare a corsi o prendere patentini se poi alla prima occasione siamo pronti a calpestare il tempo investito, lo studio e l’interesse dimostrato per questo sport, tutto questo solo per raggiungere il RISULTATO.
Il nostro fine è renderli autonomi e non automi.
Nicola, grazie mille per il tuo tempo e speriamo di vederci presto sui campi.
Rinnovo a voi i ringraziamenti per lo spazio concesso, a presto!